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Racconti di qui
Il testo nasce dalla convinzione dell’autore che il mutamento dello scenario in cui l’uomo abita produce un profondo cambiamento nella sua percezione della realtà.
Davide Vargas
Prefazione di Giuseppe Montesano
Con 12 fotografie di Luigi Spina
Formato:11,5x19
Pagg.130
88-7937-454-0
Questi racconti, scritti dal 2006 al 2008, cercano di seguire le tracce delle profonde trasformazioni che hanno deturpato i luoghi del casertano negli ultimi anni, e di registrare una serie di “impressioni sensibili” che si generano attraversando queste terre, dallo sbocco al mare all’entroterra fino agli agglomerati urbani. Molto spesso sono passeggiate in macchina, in solitudine, con l’eco di voci compagne che altro non sono che proiezioni del proprio movimento interiore.
O anche riaffioramenti della memoria impastati di una malinconia dolce. Ma non sono un reportage. Piuttosto uno sguardo che passa attraverso la realtà come un corpo vivo fino a percepirne e farne percepire i sussulti.
Una speranza di poesia che sogni di “costruire” un senso laddove proprio non si riesce a trovarne. «Non dimentico di essere architetto», dichiara Vargas.
«Sono tramontati gli anni eroici in cui si pensava che l’architetto potesse cambiare il mondo. Oggi nessuno ci crede più. Eppure un edificio costruito può iniettare un puntino di qualità nel contesto. Niente di più. Perché rinunciare allo stesso intento con le parole?».
Prefazione di Giuseppe Montesano
Un uomo cammina su un marciapiedi in una controra assolata. L’uomo è attratto dalla strada. Le crepe, le cicche, i tappi di bottiglie ingoiati come fossili, i dislivelli del cammino, la ragnatela come di vetro fratturato che si apre nell’asfalto. Dove sta andando? In nessun luogo, non c’è più un luogo vero dove quell’uomo possa andare, perché lui sta andando qui.
È così che si muove il protagonista dei Racconti di qui, un uomo risucchiato dal mondo e convinto che prestando più attenzione alle cose esse finiranno per rivelargli il loro segreto: perché qui è diventato un luogo innominabile, lo scenario di un disastro senza riparo? Davide Vargas racconta le cose e il loro dissesto in quella Terra di Nessuno in cui si è trasformata l’ex Terra di Lavoro, il non-luogo che si estende tra Napoli e Caserta, e le racconta come se narrasse la vita di un personaggio fatto di asfalto, cemento, fogne, pontili, facciate, crepe, discariche, buche, piazze, sabbie, vie, vicoli, mare: inseguendo nella fisionomia delle cose ferite che gridano quella verità che le fisionomie umane ammutolite o complici tacciono. Allora sotto la lente di questo sguardo paziente, uno sguardo che non vuole nascondere niente dell’orrore mediocre che la scena del delitto emana, accade una cosa paradossale: che i non-luoghi raccontati da Vargas acquistano una forma, una fisionomia possibile, e svelano nelle pieghe delle loro facce tumefatte una parvenza o una vestigia di bellezza. Ma è ormai la bellezza del post-mondo, quella che forse toccherà a tutto l’occidente tra un attimo, la bellezza rabbrividente e oppressiva che si coglie nelle rovine del mondo che fu. Uno sguardo allora senza speranze? Per niente. L’atto di guardare con attenzione e pazienza di Vargas è un atto che contiene in sé tutta la poca speranza possibile oggi, quella che sorregge chi si addentra nel disgregamento per comprenderlo e sentirlo sulla propria pelle, senza compiacimenti estetizzanti e senza illusioni, chiedendo non alla fuga ma alla realtà di mostrargli una qualche via di uscita: perché se mai ci fosse una via di uscita sarebbe solo nella consapevolezza atroce che aggredisse tutti come un morso di risveglio. Chi ha scelto come Davide Vargas di raccontare l’irraccontabile qui ha scelto di stare nei non-luoghi per amore di ciò che in essi resta di scarsa vita, ed è questo che i Racconti di qui testimoniano e mostrano: niente è perduto solo per chi sa fino alle ultime fibre di se stesso che tutto è perduto.
Davide Vargas, è architetto e vive in Campania.
I suoi progetti sono segnalati sulle maggiori riviste italiane.
Scrive racconti che sono pubblicati su «Nazione Indiana», «Sud» e «Abitare la terra».
Racconti di qui è la sua prima raccolta.