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Grand Hotel Ferrovia
Il vero nome di Caracas è Mexico (ndr. Abdullah Ferdinando Ottaviano Quintavalle).
…Mexico, io l’ho conosciuto così, molto prima che s’eternasse con l’altro nome nelle pagine di «Napoli Ferrovia» di Ermanno Rea.
L’ho conosciuto in quello spicchio di Napoli governato dalla faccia buona e impertinente di Tullio Pironti, editore di strada o, meglio di piazza: piazza Dante. Mexico ai tavoli di «Dante e Beatrice». A quelli del «53» o del «Leon d’Oro». Mexico sempre con una cartellina sottobraccio, piena di disegni, frottage, rielaborazioni grafiche.
Abdullah Ferdinando Ottaviano Quintavalle
Con testi di Francesco Durante
Peppe Lanzetta
Adriana Rispoli
Prefazione di Francesco Durante
Formato:20x30
Pag.50
con 36 foto in bicromia
88-7937-447-8
Mexico che arrotonda con le copertine di «Napolicity», una spolverata di glamour newyorkese sull’eterno odore di tinello della città perbene. L’uomo più mite della terra, e ciò malgrado parà, salutista, cultore delle arti marziali. Uomo d’ordine piovuto suo malgrado sulla terra di un non redimibile disordine.
Mexico che tu lo chiami e quello arriva non si sa da dove, ma arriva, e risolve problemi. Matita, penna, pennino, aerografo, macchina fotografica e amorevole dedizione… …Con lui, Napoli ridiventa labirintica e stordente, com’è. Un universo da percorrere a piedi, lungamente, appassionatamente, e da scoprire a ogni passo.
Una città dell’Ottocento, il secolo dei grandi narratori metropolitani…
…Le immagini raccolte in questo libro sono il documento di una lunga, paziente, generosa frequentazione. La stessa narrata nel libro di Rea. Mexico conosce questa realtà, non l’ha rimossa. Conosce personalmente gli uomini che dormono nella munnezza o che imbambolati si accasciano per la via. Conosce i rifugi improvvisati, i cartoni raccattati per la notte, i fagotti che diventano cuscini, le scarpe sfondate…
…Le foto notturne, quelle che meglio raccontano questo margine.
La notte acuisce la solitudine, la perdizione. La rende ancora più inerme, incerta, infida. Di notte lo sguardo si carica di un ulteriore senso di pericolo: i contorni dell’umano tendono a sfumare, diventano post-umani. È come se l’inferno dei vivi si trasformasse in una fossa comune governata dal silenzio assordante della città distratta…
… Mexico non è uno che arriva quando c’è la notizia. Mexico è già lì. Racconta dal di dentro, non dal di fuori. Nelle sue immagini c’è un moto di commozione, c’è la partecipazione dell’amico, non l’impassibilità del testimone.
Abdullah Ferdinando Ottaviano Quintavalle meglio conosciuto come Mexico, nasce a Caracas. All’ età di sedici anni si trasferisce a Napoli, dove attualmente vive e lavora. Dopo una lunga militanza giovanile nell’estrema destra neonazista, si converte all’Islam. Maestro d’arti grafiche, negli Anni Ottanta si dedica alla sua grande passione, la fotografia. È fotoreporter per una nota agenzia napoletana e come freelance. Suoi reportages sono stati pubblicati su «Il Venerdì» di Repubblica, l’«Epresso», «Panorama», «Stern». Parallelamente lavora nel settore editoriale come grafico, realizzando copertine per le più note case editrici italiane, come Feltrinelli, Baldini&Castoldi.