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L'EMPIA BILANCIA

L'EMPIA BILANCIA

Tosatori di monete e di giustizia

Due regole: per comprendere un delitto occorre conoscere il delinquente e il suo mondo.

Per comprendere un processo occorre conoscere il giudice e il suo mondo.

L'Autore si è sforzato di applicare entrambe le regole.

Questo libro non è la revisione di un processo, ma solo il tentativo, per quanto possibile, di rivisitare l'uso della bilancia della Giustizia.


Giuseppe Garofalo
Formato:160 x 230
Pagg. 512
978-88-7937-550-4
€ 18,00


Il lettore, per sua esperienza o conoscenza, rileverà se pesi, pesatori, tosatori e bilancia oggi in uso siano cambiati, e come, o siano sostanzialmente rimasti quali erano, malgrado il decorso di quasi tre secoli.

La scelta del processo Starace è dovuta, oltre che alla sua risonanza, al particolare momento della sua celebrazione (1744 - 1754). Erano gli anni in cui sulla giustizia soffiava un vento di discredito e contestazione. Lo aveva sollevato qualche anno prima il napoletano Giuseppe Aurelio Di Gennaro con la Repubblica Jurisconsultorum. Lo aveva seguito Ludovico Antonio Muratori con De' Difetti della Giurisprudenza. Poi gli aveva dato fiato ancora Di Gennaro con Delle Viziose Maniere del Difendere le Cause nel Foro. Avevano tentato di smorzarlo i napoletani Giuseppe Pasquale Cirillo e Francesco Rapolla, entrambi titolari della cattedra di diritto all'università e il primo anche segretario della Giunta per la compilazione del Codice.

Tentativi risultati vani: giudici, avvocati, dottori, giuristi, scrivani, erano finiti tutti a pezzi, accusati di non «maneggiare rettamente le bilance della giustizia». A Castelcapuano si erano salvati i portieri, ma solo perché non se ne era parlato.

Gaspare Starace, cassiere maggiore del Banco dello Spirito Santo di Napoli, fu arrestato e processato dalla Gran Corte della Vicaria e dalla Real Camera di S. Chiara per spaccio di zecchini tosati (scarsi di peso), uso di bilancia e pesi truccati, abusivo esercizio di finanziamento, reati punibili con la pena di morte.

La descrizione delle fasi e dei tempi dell'annoso processo ha richiesto il richiamo della legislazione sulle monete, sui banchi, di eventi storici, giudiziari e di cronaca collegati a coloro che, a vario titolo, si occuparono o ebbero a che fare con la vicenda giudiziaria. Un elenco nutrito: il re Carlo di Borbone, il capo del governo Gioacchino Montealegre, il ministro della Giustizia Don Bernardo Tanucci, i giudici, i testimoni, gli investigatori, gli avvocati, i carcerieri.

Una folla di personaggi che si mosse per il palazzo e per Castelcapuano, secolare teatro di giustizia napoletana, in un sistema legislativo-giudiziario che di frequente l'autore confronta con quello attuale traendone conclusioni che il lettore giudicherà se giuste o non.

Il racconto della vicenda giudiziaria si snoda con un crescendo emotivo. Si avvia con una descrizione distaccata dei personaggi, dell'ambiente, degli usi giudiziari, per giungere a descrizioni di situazioni altamente drammatiche.

Giuseppe Garofalo, noto penalista, dall'attività professionale intensa, è autore di due libri

di successo, Teatro di Giustizia (Tullio Pironti, 1996) e La Seconda Guerra Napoletana alla Camorra, (Tullio Pironti, 2005). In questa nuova opera pone sotto gli occhi del lettore vizi antichi e difetti nuovi della bilancia della giustizia.

Con linguaggio semplice si muove tra la legislazione antica e moderna con l'agilità e la disinvoltura di chi conosce i ferri del mestiere.


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